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Venetica, Scienziati italiani a Congresso nel Veneto Asburgico (1842, 1847). A. XXXIV, n. 58 (I/2020)
Il primo numero del 2020 della rivista “Venetica” realizzata dagli Istituti di storia del movimento di liberazione e dell’età contemporanea del Veneto è dedicato alla storia di due congressi degli scienziati italiani che si svolsero a Padova nel 1842 e a Venezia nel 1847.
Questi furono due momenti molto significativi per lo sviluppo di un’istituzione sovrastatale che, dal 1839 al 1847, rappresentò un appuntamento fisso per scienziati e uomini di cultura provenienti dai vari Stati preunitari. Questi incontri favorirono “la reciproca conoscenza e la socialità degli intellettuali italiani dei vari Stati tra loro e con i rappresentanti di culture, istituzioni, dibattiti, aspirazioni riformatrici, applicazioni tecnologiche e tradizioni scientifiche europee”1.
La realizzazione dei due congressi veneti dovette fare i conti con “diffidenze politiche, difficoltà e problemi organizzativi di non lieve conto. Mettersi in viaggio per partecipare a un congresso poteva trasformarsi in una vera e propria “avventura”, come accadde al vulcanologo Leopoldo Pilla, di lì a pochi anni caduto a Curtatone a capo dei suoi studenti, che fu respinto alla “frontiera” lombardo-veneta”2.
Grazie ai numerosi saggi contenuti all’interno della rivista, è stato delineato un quadro completo di questi fenomeni storici.
Lo studioso C. G. Lacaita afferma come queste riunioni fossero una pura espressione di patriottismo e rinnovamento collettivo anche nell’ottica di una dimensione europea. In quegli anni nacquero concetti fondamentali per l’epoca moderna come quello di innovazione e ammodernamento, fenomeni in grado di cambiare la società, l’economia, la cultura e la politica italiana del tempo. Ciò si vide soprattutto nelle pubblicazioni su carta stampata di articoli dedicati alle ferrovie, alle lavorazioni dei metalli e ai combustibili fossili. Inoltre, si cominciò a considerare i viaggi all’estero come un mezzo fondamentale per i funzionari per rimanere aggiornati sui cambiamenti in atto in quel periodo.
La Prof.ssa M. P. Casalena, nel suo intervento, esprime come questi congressi risorgimentali degli anni ‘40 intrecciarono le proprie evoluzioni in campo contenutistico e ideale con le trasformazioni del campo politico liberale e nazionale. Per di più, erano fenomeni in grado di attrarre i luminari, le più importanti personalità dell’epoca specializzate nei diversi campi del sapere: a Padova nel 1842, infatti, furono presenti grandi nomi presso l’Università soprattutto nel campo delle scienze naturali e fisiche. In questo contesto cominciò a delinearsi il moderno concetto di “unità del sapere”: una conoscenza che amplia i propri confini invadendo anche i campi della legislazione e della storia, fino a quel momento esclusi. Inoltre, il raggio d’azione dei congressi stava diventando via via sempre più nazionale, includendo studiosi provenienti da ogni parte d’Italia e anche da alcuni Stati esteri come l’Irlanda e la Francia.
La Casalena, infine individua un’ulteriore importante funzione dei congressi: essi agirono come pungolo e sprone presso i governi nell’ottica di una loro condotta concorde. Quest’idea fu “calorosamente ingaggiata nella sezione di Agricoltura e tecnologia. […] Da ciò derivò un dibattito sull’istruzione pubblica, specialmente infantile e tecnica, che lambì anche la questione del lavoro dei fanciulli e che, se non si spinse fino ad intaccare il predominio clericale nell’educazione, certamente si sforzò di coniugarlo coll’incremento produttivo della penisola. Alla crescita di agricoltura e manifatture si inneggiò anzi pubblicamente, e da ciò derivò un progetto di società di incoraggiamento in ogni provincia atte ad impiegare i lumi della società civile nella crescita economica di ogni regione e ogni Stato, in una parola, dell’Italia”.3
Lo storico F. Forgione, nel suo saggio, pone l’attenzione sui lavori di zoologia e geologia attuati durante i congressi. I temi ivi trattati ci sono noti grazie ai resoconti delle sedute: la classificazione delle specie secondo il “metodo naturale”, la posizione dell’uomo, la nomenclatura. Le dispute degli studiosi durante gli incontri avevano molto spesso un taglio empirico che evitava il confronto con i grandi sistemi teorici. Importante, tuttavia, l’aspirazione ad un’unità dei saperi: “qui l’unità scaturiva dall’accostamento e dall’integrazione dei saperi locali. […] L’unità era poi perseguita sul piano delle norme e dei metodi , che potevano essere più facilmente stabiliti e accettati se proposti in un consesso partecipato e autorevole. […] Attraverso i congressi, gli scienziati professionisti riconobbero la propria identità collettiva [...]”.4
Infine, la storica M. I Vendrame racconta come, negli anni successivi all’unità d’Italia, il mondo rurale italiano fosse terreno fertile per la nascita di movimenti millenaristi come quello che annunciava l’insediamento della “Repubblica di Dio” in cui vi sarebbe stata piena giustizia e nessuna tassa. Secondo la visione di alcuni sacerdoti veneti, essa avrebbe dovuto costituirsi in America a opera delle famiglie dei contadini che si sentivano oppresse dallo Stato. La Vendrame ha approfondito l’argomento realizzando un interessante studio su tre casi locali in cui il malessere sociale dei contadini ebbe come esito l’emigrazione collettiva: l’esperienza di don Angelo Cavalli di Bassano del Grappa, la storia di don Giovanni Solerti di Oderzo e le avventure di don Giobatta Frizzo di Venezia.
In conclusione, grazie agli interventi dei vari studiosi raccolti in questa rivista si può dire con certezza che questi due congressi intesi come momenti di confronto scientifico e sociale abbiano permesso non solo la creazione di un sapere unico e comune ma anche di porre il seme per la nascita del concetto moderno di conoscenza e di nazione: è bene collaborare e impegnarsi nel nome di un fine superiore, di un progresso che supera i limiti nazionali.
Note:
1 https://www.eprice.it/geografia-e-storia-CIERRE-EDIZIONI/d-58453997
2 Ibid.
3M. P. Casalena, I lumi d’Italia e d’Europa a Padova e a Venezia, contenuto in “Venetica” XXXIV, n. 58 (1/2020), p. 61.
4 F. Forgione, Saperi in cerca di unità. La storia naturale nei congressi veneti degli scienziati italiani (Padova 1842, Venezia 1847), contenuto in “Venetica” XXXIV, n. 58 (1/2020), p. 88.
Giulia Gatti
14/10/2020
Leggere Marc Bloch per comprendere le fake news
Il Dossier Statistico Immigrazione nella sua 29esima edizione
Conservare i suoi contenuti in una veste grafica rinnovata, questo si propone il dossier quest'anno, mantenendo la sua impostazione originaria: studiare e descrivere l'immigrazione e l'emigrazione a partire dai dati statistici. A cura di IDOS, in partenariato con CONFRONTI, finanziato con i fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese, il dossier ha raccolto l'analisi e l'interpretazione di una pluralità di strutture, soggetti e prospettive disciplinari. Il pluralismo è il filo conduttore dell'intero volume, nelle fonti e negli autori. Una lettura aggiornata mirata a elevare il grado di conoscenza e consapevolezza sul tema, evitando la facile propaganda.
Giusto per citare alcuni dati del contesto veneto, che svuotano di significato gli slogan "ci rubano il lavoro", "ci stanno sostituendo etnicamente", "non possiamo accogliere così tante persone": il tasso di disoccupazione degli immigrati è del 15,2%, quasi tre volte quello degli italiani; il numero di residenti stranieri è calato del 2,6% negli ultimi cinque anni; i migranti in accoglienza sono il 0,2% sul totale degli abitanti, con un calo complessivo del 22%.
Per acquistare il dossier di quest'anno, consultare il sito: www.dossierimmigrazione.it
IRIS, non solo un fiore. I gadoi della Val d'Illasi
documentario di Riccardo Filippini (durata: 56 min.; 2016)
Gadoi, Riossi, Iris: tre nomi diversi per indicare un unico, spettacolare fiore, la cui coltivazione è stata alla base della tradizione famigliare della Val d'Illasi veronese. Nel suo ricco lavoro, Riccardo Filippini ripercorre la storia e gli usi di questo prodotto, che per anni ha rappresentato non solo una piccola fonte di guadagno aggiuntivo per le antiche famiglie contadine, ma anche un occasionale punto d'incontro per i membri delle famiglie stesse. Infatti, nel momento della pulizia dei rizomi, ovvero delle radici della pianta, anziani, donne e bambini si riunivano per lavorare assieme, fortificando così il loro legame. Il documentario si sviluppa in maniera lineare alternando omogeneamente testimonianze dirette di persone, un tempo coinvolte in quest'antica usanza, a interventi di esperti botanici e artigiani. Il tutto è punteggiato da alcune vecchie fotografie rappresentanti la lavorazione del fiore e da qualche immagine attuale dei magnifici paesaggi della valle, accompagnate da suggestivi motivi musicali che riflettono l'atmosfera calma e serena di quei luoghi. Viene posta attenzione all'aspetto umano, in particolar modo alle vite di donne e uomini impegnati con determinazione e fatica in questa attività: tramite i loro ricordi, spesso velati da un pizzico di malinconia, traspare un mondo perduto, fatto di antica saggezza e amore per il lavoro, un mondo poco o per niente conosciuto dalle odierne generazioni. Particolarmente interessanti sono le riprese effettuate all'interno della "camera dei gadoi di Toni Palanca": una serie di affreschi a soffitto illustrano con minuziosa maestria le varie fasi del trattamento dell'iris, dalla raccolta alla pulizia, dall'essiccatura alla vendita. La presenza di botanici e artigiani conferisce al documentario un importante appoggio scientifico. Oltre ad essere presentate le caratteristiche botaniche del fiore, vengono ben illustrati anche i suoi differenti usi: in primis, l'impiego in ambito profumiero di elevata qualità e come medicinale, in seguito, come pigmento per la colorazione pittorica e di tessuti, ed infine come alimento. Insomma, l'iris è veramente "non solo un fiore", è un magnifico prodotto dai numerosi impieghi, è il simbolo di un passato lontano, e Riccardo Filippini, col suo stile semplice ma incisivo, ha saputo descriverne ogni aspetto con cura e con la giusta attenzione.
(Recensione di Giulia Gatti)
A cura dell'Associazione Società INformazione:
15° Rapporto sui Diritti Globali - Apocalisse Umanitaria
Promosso da CGIL | EDIESSE 2017
La quindicesima edizione del Rapporto annuale sui diritti globali offre un'analisi accurata su diversi aspetti della società odierna, strettamente connessi ai processi di globalizzazione e alle sue conseguenze, sotto il punto di vista socio-politico, economico, ambientale.
La prefazione, a cura del Segretario Generale della CGIL Susanna Camusso, mette in evidenza l'incertezza e la crisi proprie dell'Europa attuale, per poi concentrarsi sulla situazione italiana, gravata non solo da un clima di insoddisfazione e malcontento generale dovuto al mondo del lavoro, ma anche da problemi di natura sociale causati, in prima istanza, dall'immigrazione.
Le questioni sollevate dalla Camusso vengono riprese, approfondite e analizzate nel Rapporto, che procede per capitoli tematici. I primi due capitoli si occupano di questioni inerenti la situazione lavorativa europea e italiana e le problematiche sociali più evidenti nel mondo attuale: si parla dunque di lavoro precario o mal retribuito, della crescita della povertà e delle disuguaglianze, dell'emergere del cosiddetto lavoro digitale e del mancato rispetto dei diritti che a questo dovrebbero essere collegati; ancora, si sottolinea la sempre maggiore presenza di razzismo e xenofobia, misoginia, omofobia e, in generale, odio per il diverso e per le categorie percepite come più deboli e minoritarie. I capitoli successivi si aprono invece a un'analisi globale e internazionale, che si sofferma anche sugli Stati Uniti e su Donald Trump, definito il "presidente anomalo di una democrazia malata". In relazione agli USA, ma anche all'Europa, vengono esaminate realtà come quelle dell'ISIS e del terrorismo, della Corea del Nord di Kim Jong-un, della questione kurda e della guerra in Afghanistan. Ma non solo: anche le questioni ambientali, come il riscaldamento globale e la sfida climatica che questo pone, nonché la relazione tra economie e sviluppo sostenibile, trovano spazio all'interno del Rapporto.
Su tali argomenti si esprimono anche diversi esperti, le cui opinioni sono contenute nella sezione finale del Rapporto, dedicata alle interviste.
Il Rapporto sui diritti globali si conferma, anche nell'edizione del 2017, uno strumento fondamentale, che offre una panoramica globale e dettagliata sulla situazione europea e mondiale dell'anno.
Il libro è disponibile per il prestito e la consultazione presso la biblioteca Ivres.
(Elisa Ventura)
A cura della Fondazioni Nilde Iotti:
Le leggi delle donne che hanno cambiato l'Italia
EDIESSE 2013
Se non ci fossero state le donne, in questa nostra Repubblica, se non ci fossero state le loro tenaci battaglie di emancipazione e liberazione - condotte attraverso un intreccio fecondo di iniziative delle associazioni dei movimenti, dei partiti, delle istituzioni - l'Italia sarebbe oggi un Paese molto più arretrato e molti articoli della Costituzione non sarebbero stati applicati. Questo debito che l'Italia ha nei confronti delle donne lo racconta in modo inedito questo libro scritto e curato dalle volontarie della Fondazione Nilde Iotti. Lo fa illustrando in modo rigoroso e semplice le tappe ed i contenuti delle conquiste legislative dall'inizio della Repubblica alla conclusione dell'ultima legislatura, che hanno cambiato la vita delle donne e l'assetto economico, sociale e culturale del nostro Paese. Il libro rammenta la battaglia per il diritto al voto e le "madri della nostra Repubblica", le donne elette nell'Assemblea Costituente, che diedero un contributo rilevante alla stesura della Costituzione. Sono citati gli articoli che più hanno favorito i cambiamenti nella vita delle donne. Segue poi il racconto delle leggi con uno schema che ne indica la scansione in ordine cronologico dal 1959 al 2012, a cui si connettono le schede che ne illustrano i contenuti. Lo sguardo della battaglia delle donne è oggi e sempre più sarà quello europeo. Per questo il libro si conclude con una rassegna delle tappe e dei provvedimenti più significativi adottati dall'Unione Europea.
Carlo Gnetti
Il bambino con le braccia larghe
EDIESSE 2010
Nasce da una storia personale "Il bambino con le braccia larghe", nasce dal racconto di un giornalista, Carlo Gnetti, che ha posato la penna di professionista e ha preso quella, forse più difficile da usare, di testimone. La sua testimonianza riguarda una storia che egli stesso ha vissuto in prima persona, fin dall'infanzia: la malattia del fratello.
Paolo Gnetti, infatti, il fratello dell'autore, è stato affetto, per la maggior parte della vita, da un male oscuro e inspiegabile, chiamato "schizofrenia". Il racconto inizia negli anni Sessanta, quando i due fratelli vivono, insieme, la normalità della loro infanzia; condividono i trasferimenti continui della famiglia, i loro giochi di bambini, la casa al mare dei nonni. Progressivamente però, qualcosa di incomprensibile inizia a fare capolino nella personalità di Paolo: piccoli momenti di rabbia incontenibile, qualche difficoltà nelle relazioni che sempre di più oscurano il bambino spensierato che era. Dal questi iniziali momenti di rottura la situazione degenera inevitabilmente e la malattia diventa tale, prepotente e senza miglioramenti. La famiglia Gnetti si trova quindi a diventare, suo malgrado, protagonista delle mutazioni sociali determinate dalla legge Basaglia: una legge famosa, spesso acclamata ma raramente raccontata da chi ne ha vissuto le conseguenze. Carlo Gnetti intreccia la sua narrazione personale con quella italiana, la storia di Paolo con quella della legge 180 e l'esperienza della sua famiglia con quella dei manicomi. Usa, a tratti, un linguaggio tenero, di fratello, alternandolo a uno più oggettivo, per raccontare anche i cambiamenti di una sezione della sanità.
(Nicole Colombi)
Isoke Aikpitanyi
500 storie vere: Sulla tratta delle ragazze africane in Italia
EDIESSE 2011
Nato dalla collaborazione tra l'autrice, Isoke Aikpitanyi, e il Ministero delle Pari Opportunità, questo libro - basato su indagini effettuate su tutta Italia - racconta un orrore che coinvolge decine di migliaia di giovani donne nigeriane e che, di fatto, rimane invisibile: la prostituzione coercitiva. Le storie di queste ragazze si somigliano in modo drammatico: iniziano in qualche piccola realtà nigeriana in cui la vita procede duramente e si sviluppano in qualche fredda città italiana, che avevano sognato molto diversa. Il tramite è una rete capillare che organizza il tutto. Il primo elemento è lo "sponsor", una persona di fiducia che promette alla vittima una vita migliore e si occupa del suo trasferimento (che avviene spesso con mezzi di fortuna e può durare molte settimane). Il secondo è il debito, diverse decine di migliaia di euro che corrispondono alle spese del viaggio, di vitto e alloggio e dell'affitto del marciapiede che la ragazza dovrà restituire. Eventuali tentativi di ribellione vengono smorzati da intimidazioni tramite riti voodoo e violenze. L'elemento chiave della loro schiavitù è un sentimento che ha il potere di renderle marionette nella mani dei loro aguzzini: la paura. Questi aguzzini, incredibilmente, sono donne: le maman. Ex vittime di questa moderna tratta di esseri umani, le maman si occupano di gestire le nuove ragazze; insegnano loro "il mestiere", trattengono tutto il denaro fino all'esaurimento del debito ed evitano ribellioni e fughe; il tutto, chiaramente, usando l'arma potente della paura. L'ultimo anello della catena, quello forse meno violento e meno criminale è l'elemento più forte: i clienti. Sì, perché se così tante donne vengono obbligate a vendere il proprio corpo significa che esiste qualcuno disposto a comprarlo. Agghiacciante è l'idea che la descrizione di un cliente tipo non si possa stilare, il cliente tipo può essere ogni uomo con cui veniamo in contatto: l'addetto allo sportello della banca, che veste elegante e sembra una persona per bene, il vicino di casa che è affettuoso con i figli; persino nostro padre oppure nostro marito potrebbero trasformarsi, di notte, nella causa della schiavitù di molte donne. Isoke ha provato questa esperienza sulla sua pelle e ha trovato il coraggio e la forza per liberarsi: da quel momento dedica la sua vita a salvare altre ragazze come lei, tramite la sua associazione "Le ragazze di Benin City" e i suoi libri.
(Nicole Colombi)
Ritanna Armeni
Lo squalo e il dinosauro: Vita operaia nella Fiat di Marchionne
EDIESSE 2012
La Fiat è stata in questi anni al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica. Lo è stato soprattutto il suo amministratore delegato, Sergio Marchionne. Il suo stile duro e diretto, la sua battaglia senza esclusione di colpi nei confronti del più grande sindacato operaio, la Fiom, le condizioni poste o imposte ai lavoratori in nome del bene e della sopravvivenza dell’azienda nel mercato mondiale, sono state considerate una novità politica, una rottura con le vecchie prassi sindacali che meritavano interesse.
C'è stata invece in questi anni scarsa curiosità nei confronti di coloro che direttamente subivano le conseguenze delle sue decisioni, scarsa attenzione per come si è modificata la vita in fabbrica nell'era Marchionne e per come la Fiom ha retto questo scontro. "Lo squalo e il dinosauro" vuole coprire questo vuoto con un reportage su quello che finora è stato nascosto: la condizione operaia negli stabilimenti Fiat dominati dalla minaccia della chiusura. Un'inchiesta negli stabilimenti da Mirafiori a Melfi sulle nuove pesanti condizioni di lavoro, sulle conseguenze della cassa integrazione, sulla paura per il futuro. Un'analisi del conflitto che ha contrapposto la Fiat di Marchionne alla Fiom di Landini e che oggi vede il più grande sindacato operaio espulso dai luoghi di lavoro e alla ricerca di una nuova identità.
A cura di Cristina Ali Farah, Maria Rosa Cutrufelli, Isabella Peretti, Igiaba Scego, Stefania Vulterini
Incontrarsi: Racconti di donne migranti e native
Prefazione di Cecilia D'Elia | EDIESSE 2012
"Incontrarsi. Racconti di donne migranti e native" era il titolo di un concorso incoraggiato dal Caffè letterario della Casa Internazionale delle Donne e patrocinato dal Comune di Roma. Per partecipare era sufficiente essere donne e raccontare dell'incontro fra donne migranti e native, usando un'unica lingua. Madre per alcune e matrigna per altre ma che, in ogni caso, permette di raccontarsi. Tuttavia, la giuria - anch'essa dipinta di rosa e composta dalle stesse curatrici Cristina Ali Farah, Maria Rosa Cutrufelli, Igiaba Scego, Isabella Peretti e Stefania Vulterini - dopo aver decretato i racconti vincitori ha deciso di lasciare spazio a tutti i trentaquattro racconti. Così, il concorso è divenuto un libro. Un libro denso di emozioni, di donne provenienti dai più svariati paesi di questo mondo, tondo eppure, ossimoricamente, colmo di angoli in cui nascondersi, da cui scappare o in cui incontrarsi, appunto. L'angolo in cui queste donne si sono incontrate è Roma, la capitale del nostro Bel Paese, che per tutte loro è stato un punto di arrivo, per alcune molto lontano da quello di partenza ma che ha permesso a tutte di raccontare le difficoltà, le conquiste, le gioie e le sofferenze derivanti dalla migrazione, dall'atto coraggioso di abbandonare la propria terra. Dentro a questo libro troviamo donne che hanno lasciato il loro paese e la loro famiglia per seguire un uomo, altre per inseguire il sogno di una vita migliore, anche se il prezzo da pagare era permettere che i loro figli crescessero lontani. Troviamo donne che sono arrivate dall'Africa nera e che sono state aiutate dalle mani bianche di un'altra donna, ma anche mani nere, di donne talmente forti da aiutare chi sembrava che di aiuto non ne avesse bisogno e ancora mani che non si sono allungate abbastanza e di aiuto non ne hanno dato. C'è chi cercava una collaboratrice domestica e poi si è ritrovata con un'amica preziosa, qualcuna ha dovuto parlare e altre hanno dovuto ascoltare. Tutte però, da donne, hanno condiviso qualcosa con altre donne e questo, in fondo, significa 'incontrarsi'.
(Nicole Colombi)
Silvano Sabatini (con la collaborazione di Silvia Zaccaria)
Il prete e l'antropologo: Tra gli indios dell'Amazzonia
Prefazione di Stefano Camerlengo - Introduzione di Antonio Colajanni | EDIESSE 2011
Un libro dal titolo accattivante in grado di stimolare riflessioni critiche riguardanti la figura del missionario. Il libro instaura un rapporto quasi familiare con il suo lettore, complice il linguaggio dell'autore che rifugge eccessivi tecnicismi, portandolo ad ascoltare la storia della vita di padre Sabatini: una storia alla continua ricerca della verità, in cui l'aspetto critico della ricerca del Dio cristiano si snoda attraverso episodi peculiari, come le anse del grande Rio delle Amazzoni.
Silvano Sabatini, missionario della Consolata, inizia la sua vocazione con in mente l'Africa; tuttavia, per ragioni di carattere ecclesiastico, svolgerà la prima missione in Brasile, terra alla quale dedicherà tutta la propria vita. Sarà l'incontro con i "selvaggi" abitatori della selva amazzonica a segnare inevitabilmente la sua ricerca della verità: egli scopre Dio negli usi e costumi degli indios. Il motivo fondamentale della dittologia 'prete e antropologo' - la quale nella comprensione superficiale può apparire ossimorica - risiede nell'insegnamento alla riflessione critica che l'antropologia ci sprona a realizzare. Questo non significa essere sempre certi delle proprie posizioni oppure essere pronti a cambiarle ma, al contrario, averne rispetto assecondandone con giudizio la trasformazione. Lo stesso Sabatini risponde alle critiche degli antropologi, attraverso una puntuale citazione di "Evangelizzazione e Culture" di padre Bindo: se da un lato si possano rimproverare i missionari di considerare i popoli unicamente come popoli peccatori da evangelizzare, dall'altro si possono rimproverare gli antropologi di considerare i popoli unicamente come "genuino materiale per i loro studi". Per concludere citiamo un passo dalla quarta di copertina: « Grazie a Gabriel, Davi e Umusin, che gli narrano le mitologie di quei popoli sulla creazione dell'universo, scopre però che Dio è già tra gli indios e ha tanti nomi: Macunaima, Omami e Yebà Burò ».
(Alessandro Pasi)